
martedì 8 ottobre 2019
Sport e imprese sociali - Guido Martinelli
Il mondo dello sport continua ad
essere attraversato dal dibattito sulla opportunità, per i sodalizi sportivi,
di diventare anche “enti del terzo settore” assoggettandosi alla
relativa disciplina e applicando le regole conseguenti.
Se per le Asd il riferimento logico, tra
le figure tipizzate dal “Codice del terzo settore”, appare essere quello
delle associazioni di promozione sociale (sul punto vedi “Le
associazioni sportive dilettantistiche e il codice del terzo settore”,
Ecnews del 27.05.2019), per le società sportive dilettantistiche il
riferimento logico appare essere quello della impresa sociale.
Quest’ultima, infatti, è a tutti gli
effetti appartenente alla famiglia degli enti del terzo settore ma
è disciplinata, oltre che dal codice (D.Lgs. 117/2017) anche dal D.Lgs.
112/2017, recante la revisione della disciplina dell’impresa
sociale. Sono considerati tali gli enti privati “inclusi
quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile” che
esercitano un’attività di impresa senza scopo di lucro di “interesse
generale”. Tra le attività di impresa di interesse generale vi è
ricompresa, anche qui, all’articolo 2, lett. u), D.Lgs. 112/2017, l’organizzazione e gestione di attività
sportive dilettantistiche.
Sotto il profilo fiscale, la scelta appare
interessante. Va precisato che alle imprese sociali non si applicano le
disposizioni fiscali di cui al titolo X, Codice del terzo settore (articolo 79:
“Agli enti del terzo settore, diversi dalle imprese sociali …”).
Pertanto, non troverà applicazione l’articolo 89, comma 1, D.Lgs. 117/2017 laddove
esclude gli enti del terzo settore dall’applicazione dell’articolo 148 Tuir e
della Legge 398/1991. Data ormai per scontata la tesi della
dottrina prevalente per la quale trova applicazione per gli enti del terzo
settore, ivi comprese le imprese sociali, la disposizione di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), Tuir sui
compensi sportivi, si arriva alla conclusione, di prima approssimazione,
che le Ssd “imprese sociali” manterrebbero tutte le più importanti
agevolazioni poste attualmente in capo alle società sportive iscritte solo al
registro Coni.
Anzi, vista la non imponibilità
degli utili reinvestiti, si assisterebbe addirittura ad un piccolo risparmio (ossia
non troverebbe applicazione, per i soggetti che applicano la L. 398/1991,
l’imposta sul coefficiente di redditività del 3%).
Va detto che, trattandosi di ente che si
dovrà comunque costituire ai sensi di quanto previsto dall’articolo 90, comma 18, L. 289/2002,
quindi, con un rigido concetto di non lucratività, non dovrebbe trovare
applicazione l’articolo 3, comma 3, D.Lgs. 112/2017 che
prevede la possibilità di un parziale riparto di utili per le imprese sociali.
A fronte di questo esame, apparentemente
di favore verso l’acquisizione, da parte delle attuali o costituende Ssd, anche
dello status di impresa sociale, sussistono alcune
controindicazioni che diventa obbligatorio evidenziare.
Intanto, le imprese sociali sono
tenute alla redazione “anche” del bilancio sociale. Adempimento che, come
tale, va sicuramente giudicato in modo positivo ma che costituisce un
“primo” obbligo in più rispetto ad una semplice Ssd.
Secondo aspetto: ai sensi dell’articolo 15, comma 4, D.Lgs. 112/2017, le
imprese sociali sono sottoposte ad attività ispettiva una volta l’anno.
Anche qui, un adempimento in più che come semplice Ssd non avremmo.
Negli statuti delle imprese sociali (articolo 11 del decreto),
“devono essere previste adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori e
degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alla loro attività”.
Tale coinvolgimento, ammesso che qualcuno abbia capito di cosa si tratta, dovrà
essere disciplinato sulla base delle indicazioni che saranno contenute in linee
guida anche queste da pubblicare con apposito Decreto del Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali. Ma, comunque, gli statuti debbono
disciplinare “le modalità della partecipazione dei lavoratori e degli utenti
anche tramite loro rappresentanti, all’assemblea degli associati e dei soci”.
Nelle Ssd semplici non avremmo nulla di tutto ciò.
Nelle imprese sociali, ex articolo 7, comma 3, D.Lgs. 112/2017,
“l’atto costitutivo deve prevedere specifici requisiti di onorabilità,
professionalità ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali”.
Nulla di tutto questo per le Ssd.
Un’ultima considerazione appare
necessaria perché potrebbe, in determinati casi, avere effetto anche dirimente
in senso positivo o negativo. Nelle imprese sociali (articolo 4 D.Lgs. 112/2017)
si intende per attività di direzione, coordinamento e controllo quella
che può essere svolta dal soggetto che abbia la facoltà di nominare
la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione di
un’impresa sociale. Il comma 4 dell’articolo citato prevede che gli enti
con scopo di lucro non possono esercitare
attività di direzione e coordinamento.
Quindi, ove la maggioranza dei
soci della Ssd o comunque chi detiene le quote di maggioranza (anche
il solo 50,1%) sia una società commerciale (e chiunque viva il
mondo delle palestre sa che molto spesso è così), la Ssd non potrà
diventare mai impresa sociale.